CANTO SETTIMO


ARGOMENTO

Giacìnta partorisce, ed il marito Pieno di gelosia si mostra irato: Conforme ogni ragazza un buon partito Cerca, gran dote ancor l'innamorato; Si vede al fine alla sua bella unito Per mezzo di Imenèo gíovin garbato; Quelle che sceglier tanto hanno voluto, Restan zitelle con il crin canuto.


STANZA PRIMA

1
Musa, veggo apparir l'alba novella, Già sento rimbombar più di una squilla, Orsù li carmi tuoi, la tua favella Donami, e la virtù che in te sfavilla; Che a far notorio il mio dover mi appella Quanto accade nell'una e l'altra villa Or che sono i pastor tornati in folla, Gli aridi labbri miei di ambroria ammolla.
2
Quanti di questi miei pastori amati,
Parlo di quei che son fatti mariti,
Che lasciaron nel partir da questi lati,
Due soli figli alla consorte uniti,
E ritornando poi n'hanno trovati
Tre, senza dubbio amabili e graditi,
E per mostrar che son contenti e lieti,
Parlan fra lor con termini faceti

3
Ma non a torto Damian si affronta In osservar la sposa sua Giacinta, Ch'egli di assenza nove mesi conta; Ed ella appena è di sei mesi incinta; Per cui brontola, sbuffa e in ira monta, Che in volto aletto sembra aver dipinta, E per la gelosia che lo tormenta Minaccia la consorte e la spaventa.
4
Ella col volto di color di brace Move contro di lui la lingua e dice: Hai coraggio di dir ch'io sia capace Far da te lungi, ciò che far non lice, Temerario che sei, lasciami in pace; Abbi almeno pietà di un'infelice, Di un innocente, che veder la luce Di quell'astro dovrà, che il dì ne adduce.
5
Il marito in sentir che ella schiamazza,
E che non cede neppure se la strozza,
Comprende che son tutte di una razza
Le donne, che no:] sò come si abbozza:
Pensa ch'è peggio assai se la strapazza,
Perchè ha una lingua degna di esser mozza.
E acciò passi la cosa in segretezza
L'ira sospende, e la sua fiera asprezza.
6
Qual dopo rìa procella e orribil tuono Ritorna il tempo placido e sereno, Similmente costui ritorna al buono Pacificando l'animo nel seno; E rivolto alla sposa: io ti perdono Pur che rirnetti alla tua lingua il treno, E dicendo così le mette in mano Quanto per lei recò &I suol romano

7

La luna intanto il giro suo compisce Per nove volte, e fra tormenti e ambasce Smania di già la donna, e partorisce Un pargoletto, e lo ravvolge in fasce; Mentre lo mira il genitor capisce, Che per opera altrui questo a lui nasce; Ravvisa poi di mano in mano che cresce, Che non somiglia ad esso, e ciò gli incresce.
8
Se non somiglia al padre, la cagione Ve la dirò con le mie rime pìane, Con chi la donna ha prossima occasione, Parlar l'inverno le giornate sane Gravida essendo, a me nessun si oppone, Prende lo scontro, e non son cose strane, Quando alla luce il fanciullin poi vien, L'imago altrui nel volto suo ritiene.
9
Al compare non già, la colpa ancora Dar si potrebbe a gente forastiera; Vanno ìn Leonessa, amici miei, talora Le donne, e stanno là fino alla sera, Il cittadin, che poco assai lavora. Per far cader le donne ha pur maniera, E Gìacinta colà, chi l'assicura Che non vi sia qualcun che glie l'attura?
10
Comunque sia la cosa io dir vi posso,
Che alla donna convien star bene appresso,
Non farla praticare, affinchè addosso
Non le vadi un Berton ch'è debol sesso;
E se occorresse mai con un palosso
Metter dovete in fuga a un tempo stesso,
Qualunque vostro antico e Don Tomasso,
Se a casa vostra mai i! passo

11

questi andare in chiesa a dir l'offiziO,
A recitare ]'Epistole, C il prefazio
L'Evangelo spìegar sferzando il vizio,
E star presso l'altare ìn meditazio,
Corregger cori dolcezza Cajo e Tizio Deve, e di orar giammai mostrarsi sazio, Tener volto il pensiero al sacerdozio, E viver lungi più che può dall'ozio.
12
Solo si deve far venir in casa Quando fosse occorrente a qualche cosa, Che quelli ch'anno la chierica rasa Son pieni ognor di carità pelosa, La donna resta facilmente invasa Di un nuovo amor, benchè ia la ritrosa, Se il marito non v'è, facile impresa Si rende lor, per abbruciar la cesa.
13
Dal marito lontan, qualunque donna Robusta e vaga ancor come Arianna, Che sia di fedeltà stabíl colonna Allor che la libidine l'affanna, E che richiesta non si alzi la gonna, Per somigliar Penelope e Susanna, Oggi qual sia scrittor con la stia penna, Per cosa ben difficile !'accenna.
1
14
parroco tutto vigile e desto Presso le giovanette è ben disposto, Ora ch'è ritornato quello e questo Ogni amante da lor tener discosto; C costretto però di ceder presto, Che arde ciascuno come il sol di agosto, E perchè far l'amor gli sembra giusto, si oppone ad esso intrepido e robuto.

15
E di bel nuovo le ragazze, anch'esse
Dallo strala di amor nel seri percosse
Dalle già fatte al parroco promesse,
Ad un istante son tutte rimosse;
Se il maritarsi è l'unico interesse,
Fanno conto che luì neppur vi fosse,
Tornano a far l'amor l'alte e le basse
Le brutte, belle, e ancor le magre e grasse.
16
Hanno dai loro amanti, e quelle e queste Cose in dono, da lor forse mai viste, Chi riceve un zinale, e chi una veste, Che un'altra egual difficilmente esiste, Chi un fazzoletto per portar le feste, Strenghe e lacci, per esserne provviste, Sono aghi e spille, in mano lor deposte, Che il tutto, di aggradir son ben disposte.
17
Chi lasciar la stia bella e deciso Benchè da lei per poco o niente offeso, Or ch'è da presso il delicato viso, Si sente il cor di nova fiamma acceso; Ode la ninfa, in rimirar Narcìso Novamente nel petto amor disceso, E la tranquilla pace in simil caso Veggo tornar fra Menica e Tommaso

18
Questi dice di poi di aver sentito,
Ch'il zelante, e sofistico curato,
Di far l'amore ad esse avea inibito
Per tenerle lontano da peccato,
Che non occorre per pigliar marito
Star tutto il giorno coi
Che fra loro bastar deve il saluto
Ma ciò per vera non l'avea creduto.

19
Di ciò che intese, la sua Dea vezzosa
Afferma corne sopra, anzi palesa
Coli segretezza a lui qualch'altra cosa,
Che ancor non ha dall'altre bocche intesa;
Egli per questo di guardar non osa
Nel volto il prete, nè tampoco in chiesa;
Anzi per ignorante altrui l'accusa
Che gli amanti non fà degni di scusa.
20
il parroco però, lo sò di certo Tutte le volte non si lagna a torto, Bene spesso da lui viene scoperto L'amante andar con la ragazza all'orto; L'uno coi suo parlar pur troppo aperto, Scandalizzar le donne ancor si è accorto, E dando l'altro alla sua bella un'urto, Un'amplesso ed un bacio, ottien di furto.
21
Quante volte la sera per le scale Osserva, e mira due persone sole; Lucia ravvisa, e l'amator Pasquale, Facendo fra di lor quattro parole; Di quei, benchè non facciano alcun male, Egli con gran ragion lagnar sì suole, Che con l'esca, la pietra ed il fucile Ti accende il fuoco, lettor mìo gentile
22
L'andar pei campi, e per li prati errante La pastorella col pastor sovente; L'andare al bosco fra l'ombrose piante Senza farsi veder dall'altra gente; Quel tanto ragionar col solo amante Dopo calato il sol, mal si consente A una fanciulla che può stare a fronte A quella che trovò Tancredi al fonte.

23
Causa di tutto ciò le madri sono, Che le figlie tener non sanno a freno, Che le lasciano quasi in abbandono Benchè sanno ch'è infetto ogni terreno; li curato, il pastore, ottimo e buono Che il tutto vede, o pure in parte almeno, Per far l'offizio suo con volto umano Dovrìa riprender tutti a mano a mano.
24
E pur non parla se talor si adira Perchè porta rispetto alla paura, Che presso quelli, il cui cervel delira, Parlando potrìa far trista figura, L'uno perciò con torbid'occhio mira, L'altro di salutar non si assicura, Che in vederli tutt'or cori brusca cera, Buone azioni da lor certo non spera.
25
Anzi per cosa certa ho pure inteso Se il parroco talor severo in viso, Con ragion più che chiara, ebbe ripreso Un'orgoglioso, e perfido Narciso Fù di notte o di giorno al varco atteso, Oltraggiato dall'empio e in un deriso, Se facea l'arrogante in simil caso Veduto avrìa de' giorni suoi l'occaso
26
Per evitar quest'incontranza strana, L'estate con gli amanti ci non ragiona, Iti l'inverno in parte assai lontana Contro le amanti la stia lingua sprona Come appunto suoi far gente villana Che il basto, e noti giá l'asino bastona Perchè a quei non può dir cosa veruna Maltratta le ragazze ad una ad una.

27
Alla lunga può andar, ma tanto arriva L'ora, il momento, in cui ricerca e trova Per vendicarsi con idea cattiva Il modo, che livor nel petto cova, Lettor mio caro, non creder ch'io scriva Cosa non vera, o pur de) tutto nuova; Dalle mani un favor non gli si cava, Neppur gli andassi addosso con la clava.
28
Qualcun però che mostr'aver politica, Ancorchè non conosca la grammatica, Senza far conto di veruna critica Tutto l'estate coi curato pratica; Gode veder qualche persona stitica Pieno d'invidia rimanere estatica, Quanto sia di costui l'idea bisbetica Non lo potria ridir lingua poetica.
29
Luglio si inoltra, e più cresce l'arsura, La sua sarrecchia il contadin prepara, Che la messe nel campo omai matura, Recider deve, e poi portar sull'ara Bel veder cominciar la mietitura E un bel veder degli operai la gara, Che benchè stanchi sian verso la sera Scherza e salta ciascun con lieta cera.
30
Parmi sentire il caporal che prega
Onde ogni mietitor sia messo in riga;
Già l'uno e l'altro, il dorso incurva e piega
E fra la messe in un la falce intriga,
Appresso a quel che taglia un'altro lega,
E le donne raccolgono la spiga,
Lasso ciascuno, il suo sudore asciuga
Che scorrendo gli và di ruga in ruga.

31
Dal villaggio frattanto Margherita Ha dentro di un canestro quì portata, Robba per gli operai non già squisita, Minestra di lenticchia, un frittata, Formaggio ch'è per lor cosa gradita, Pane non molto fresco, e un insalata E qualch'altra pietanza a voi ben nota, Che tutto è buon quando la panza è vuota.
32
Si apparecchia di un faggio all'ombra amena, Mezzo corco sull'erba in guisa strana, Mangia ciascun finchè la panza è piena Discorrendo fra lor di cosa vana, Per bere onde acquistare vigore e lena Non hanno il vin, ma l'acqua di fontana, Che ciò non reca meraviglia alcuna Non essendo colà vigna veruna.
33
Nel tempo che si miete hanno lo stile
Di mettere al somaro le cariole,
E nell'ara del gra ' io ogni monile,
Da loro quanto pria portar si suole,
Qual si vedono ognor presso l'ovile
Capanne a schiena d'asino, di mole
Grande non più di un piccolo casale,
Van formando le mucchie tale e quale.
34
Di quà, di là, di sù, di giù si vede Batter la messe già riUnita, e si ode Carlo versi cantar, che Lino eccede Solo dell'alma Dea Cerere in lode, Valente con gli evviva a liti succede Segno che a tutti il cor giubila e gode motteggia e l'altro esulta e ride Quando fortuna ai lor desìii ,illide.

35
Se in quei giorni per l'are un sacerdote, Con altra gente insieme andar vedete Con la coppa e col sacco, in chiare note lo vi dirò chi son, se noi sapete; Che sia il curato immaginar si puote, A cui pagar la decima dovete, Che a riscuotere il gran, quando tritate Ci viene, affinche poi non ritardate.
36
Fanno molti di lor piccola trita
Pei quali scarsa la raccolta è stata,
L'ara ad essi riman quasi pulita
Quando ci hanno la decima pagata;
Ma perchè spesso al tribunal si cita
La gente, in pagar de ' biti arretrata,
E priva quasi affatto di moneta
Danno il frumento, e il creditor si accheta.
37
li curato però di cui parliamo,
Forse è incapace di citare un uomo
Della sua cura, il più misero e gramo,
Dall'estrerna miseria oppresso e domo;
Poichè dovrebbe qual talor vediamo
Praticar volentier da galantuomo,
Soccorrer gli indigenti per il primo;
Cosa che al sommo grado apprezzo e stimo.
38
Che a voi parlando con parole schiette, Col bisogno costui giammai combatte, Grano e legume in quantità rimette, Appresso a tante sue semente fatte, Nella sua casa non vi manca un ette, Che ci ha per fin della formica il latte. Ma rare sono le persone invitte ch'amano sollevar le genti afflitte.

39
Ciò meno mal sarìa solo m'incresce Veder distesi fasciatori e fasce Alla finestra sua, quando il sole esce, Che fra la gente momorìo ne nasce: Forse, al curato la famiglia cresce Chi di massime rìe tutt'or si pasce Va dicendo talor, benchè capisce Che la serva ha marito, e partorisce.
40
Sebben quasi per tuttì la raccolta Sia stata scarsa, onde nessuno esulta, Anzi lagnarsì questo e quel si ascolta, Contro l'avversità che sì l'insulta; Lo scapol tien la mente sua rivolta Verso colei, che nella mente ha sculta, Che forse un'anno fa fece la scelta Fra l'altre, essendo la più vaga e svelta.
41
Il prete dovrìa dir con tutta fretta Alla serva, per far cosa ben fatta, Alla fenestra della tua casetta Stendi le fasce o sopra di una fratta, E se la donna non gli desse retta Benchè levar lo scandalo si tratta, Dovrebbe licenziarla affinchè dritta Tornasse a casa e rimanesse afflitta.
42
Ala perchè il prete per cotesta ancella, Benchè non sìa più tenera fanciulla, Nudre un fervido amor per esser bella Con cui forse talvolta si trastulla, Tutto ciò che di far dispone quella, Confuso approva senza mai dir nulla, Per ciò tutta la oente della villa S'egli fa'?, male inutilmente strilla,

43
Tanto dal manco lato che dal destro,
Parlano molti dei curato nostro
Che delle vaghe giovani è maestro,
Cui dice che si scrive coll'inchiostro,
E se a traverso mai gli piglia l'estro
Parlando, amici, macchia l'onor vostro;
Che senza maì temere alcun dìsastro
Mette le vostre donne in un'incastro.
44
Costui vol prender la legiadra Emilia, Che sembra agli occhi suoi la diva Idalia; Lo esorta il padre di sposar Cecilia.
Che più ricca di lei non ha l'Italia;
Quegli al di lui parlar non già si umìlia,
Che non è mica un fanciullin da balia,
P? vano il dirgli ancor, che dì Cornelia Ella abbia il pregio, e che somigli a Clelia
45
Ma il tanto replicar dei genitori, Che possiede costei, robba e denari, Pecore, e capre, e molte vacche e tori, Terreni in quantità, mule, somari; Che ad essa unito, in ver, come signori Viver potrìano, e forse senza pari, Fà sì, che a questa al fin volge i pensieri Lasciando quella che non ha poderi.
46
Circa sette anni in otto Salvatore, Livia la bella pur si vide amare A cui promesso avea la mano, il core, Solo per essa avrìa solcato il mare Quando acceso di poi di un nuovo amore, (Ma ciò per bio non si dovrebbe fare) Lascia chi tanto amò solo pei? ave re Silvia in isposa, ch'ha più di un podere.

47
Se una ragazza ereditiera incappa Di amor nei lacci, và coi vento in poppa, Benchè non sappia neppur far la pappa Sia pur gobba, sia guercia, o pur zoppa, Di mano all'amato certo non scappa, Che in dote ci, per aver più di una coppa Di terreno, per sempre la inviluppa Per menarla poi seco a far la zuppa.
48
Se in altra villa una ragazza ricca Si trova con tre pecore, e una vacca. Meo per parlarci il suo pensier lambicca, Fatto vicino a lei non si stacca; La domanda per moglie, e glie la ficca, Quantunque per beltà non valga un acca, Sicchè per l'interesse, ecco la pecca, Lascia chi le bellezze ha di Rebecca.
49
Se donna, per voler del caso crudo, Priva rimane del consorte fido, E ch'abbia molta robba, e qualche scudo, Trova ben tosto un'amator di grido; Qual, per lei benchè vedova conchiudo, Lasciarìa volentier la dea di Guido, Per poi, stretto con essa appena il nodo, Metter contento il suo cappello al chiodo.
50
Raro è quel vero appassìonato amante, Che la dote desia tra poco e niente, Che un vivo affetto, un genial sembiante, L'umiltà di una giovane prudente, Ed il savio pensar sia pur bastante A non fargli cambiar pensier, nè mente, Che solo apprezzi in lei con lìeta fronte Ma bontà, le virtù ben note e conte.

51
Girolamo, benchè dalla ragazza Ancor non sà se l'amor suo si apprezza, Che la sua mente in guisa tale è pazza Par ch'amor gli abbia messa la capezza: La chiede in moglie, e perchè d'una razza, Che tuttí quanti gli uomini disprezza Gli fà tosto saper piena di stizza, Che ad essa indarno la richiesta indrizza.
52
Così pela la volpe il poveretto, Che quasi dal furor diventa matto; S'ìnnamora di poi d'un'altro aspetto, Che forse Giove ne farebbe un ratto; Lei corrisponde lui con pari affetto Ma li suoi genitor non vonno affatto; Che per questo col cor d'amor trafitto Fanno l'affar, che si suol dir del fritto.
53
Al padre della giovane direi: Perchè' tua figlia a Stefano non dai? Se non glie la dai tu glie la dà lei, Con pene e scorno, allor ti pentirai; Quando la pila è rotta, io non saprei Se risanar si può, tu pur lo sai, Si chiude invan la stalla allor che i buoi Sono sortitì, si suol dìr fra noi.
54
Ma v'è fra tanti, sian pastori o pure Gente ch'ha nelle mani altro mestiere, Che spinto ognor dall'amorose arsure Và dal suo bel tesor tutte le sere E prese alfin tutte le sue misure Per stia consorte di poterla avere, Tenta col domandarla al genitore, Ovvero ad un carnal fratel maggiore.

55
Costui perchè conosce appien quel tale Giovin di senno, e di poche parole Di bei costumi, e d'ottima morale, Che tai son rari in quest'immensa mole; Sapendo ancor che in nodo maritale La giovinetta ormai stringer si vuole, Prende il partito con usar cautele, Se impedir ciò si può da parentele.
56
Non trovando verun' impedime ito Di consanguineità, tutti in punto Raduna i suoi parenti a parlamento Per contrattare il matrimonio appunto; E fra robba, denari, oro ed argento, Con qualche oggetto di valore aggiunto, Alla ragazza assegnano quel tanto, Che le conviene, e voi direte: quanto?
57
Ogni ragazza nella patria nostra Quando un partito amor le somministra,. Se magnanimo il padre si dimostra Cento scudi di dote a lei registra; Se lieta per tal somma ella si mostra, Con lo sposo che a lei siede a sinistra Le vien messo l'anello nella destra; Sicchè bella che cotta è la minestra.
58
Il curato, a cui ciò fatto notorio
Prova sommo piacer benchè sta serio,
Che vonno i preti, nascita e mortorio,
E sponsali ove suonano il salterio;
Che aspettano com'alme in Purgatorio
D'aver in simil caso tiri refrigerio,
Ch'amico al piglia, ed al donar contrario:
Neppur se gli mancasse il necessario.
59
E se rintraccia alcun, che sia congiunto Per parentela, in quarto grado e quinto, Ala dispensa ottener prende l'assunto li buon curato, che mai parla finto; Fà lui tutte le carte, e quand'è giunto Il tempo di veder tutto distinto, Dice allo sposo, senza fargli il conto Se mi dai scudi dieci, il tutto è pronto.
60
Quegli perchè non sà leggere, o pure Non cura alcuna carta di osservare, Che le opere di lui tiene sicure, Di non esser mai volte ad ingannare; Ravvolge nel pensier mille premure, Onde potere al tutto sodisfare, Che del parroco apprezza un tal favore, Come cosa per lui disommo onore.
61
Ritorniamo alli sposi, che già sono Stati in Leonessa, che non è lontano, Che posta ogni altra cosa in abbandono, Sen vanno al tempio innanzi a Dio Sovrano Quivi giurano entrambi, il core in dono Darsi un coll'altro, nel darsi la mano Amore e fede, per serbarsi in sino Che vita avranno, per voler Divino.
62
Dopo aver pronunciato : padre si, Ch'è l'ultima pazzia che l'uomo fà, Sì resta avvinti in ?g7U1 a a , ch'un di Trovar più non si può, di libertà; Parte la bella coppia ornai di li, E torna a casa, come ognun ben s'i. Piena di quel contento, ch'io non SO Spiegarlo, perchè termini non fio.

63
Del convito parlar dovrei, che in questo
Giorno festivo, a far non è rimasto
Lo sposo, affinchè altrui ben menifesto
Sia senz'indugio, com'ancor del pasto;
Come il terzo coi quarto, il quinto e sesto,
Trova cantando, alla sua lira il tasto,
E tutto ciò ch'ho inteso e talor visto,
Trovandomi fra mezzo al popol misto.
64
Senza dubbio si dee, nè più nè meno, Tal costume seguir nel suoi Vissano Presso i pastor nel territorio ameno, Di Ussita, della Villa e Bovignano, Colà di Puglia e Cappadocia in seno, Di Ascoli e di Amatrice ancor nel piano, E fra quei ch'alla Nera ed al Velino, Sogliono il gregge pascolar vicino.
65
Ma delle rime omai rimasto privo,
Per far versi qual pria, frase noti trovo,
Le nozze a voi già note io non descrivo,
Per andar poco avanti il passo movo
Perchè mi danno di parlar motivo
Le ragazze, che in casa fanno l'uovo,
Ossiano quelle ch'io di già credevo
Maritate, di lor parlar vi devo.
66
l'i Ci di una al certo di costor, presume
Di aver qual Citerèa, bellezze estreme
Disprezzar gli amatori ha per costurne,
Ch'uno trovarne a modo suo non teme
E come appunto meritasse un Nurne,
Altri guardar nel volto a lei non preme
E qual Pallade un di fra le Dee prime
Per le virtù si crede esser sublime.
67

Ricusa di legarsi in matrimonio, Con anastasio di paese estranio Son vane le richieste di Sempronio, Sebbene è un giovanetto a par di Ascanio; Le parla con dolcezza Marcantonio, Dicendole : per te sospiro e smanio, Colei lo scaccia e non ascolta Eugenio, Che sembra che nessun le vada a genio.
68
Per voler troppo scegliere, cotesta
Ninfa, che superar crede Giocasta,
Abbandonata al fin da tutti resta,
Conforme è ancor l'amica sua rimasta,
Nessuno qual pria ne fa richiesta,
Che in piena cognizione hanno tal pasta, Passano gli anni, ella nel cor si attrista, Ch'il tempo andato più non si riacquista.

69
Questa invedersi divenir vecchietta,
Passa li giorni sconsolata e afflitta,
Se maritar si vuol, sarà costretta
Prendersi un vedovello e starsi zitta,
E s'ancor questo inutilmente aspetta,
Si potrà dir, ch'è disossata e fritta
Che la sua vita così zitellona,
Dovrà vedere al termine condotta,

70
Per ciò ragazze mie, quando trovate
Un che alla meglio mantener vi puote, Vorrei saper perchè non lo pigliate, L'ottime qualità fatte a voi note ; Forse un duca trovar vi lusingate, Perchè avete vermiglie ancor le gote Chi si contenta gode, inteso avrete ; Ma basta, fate un po' quel che volete.

71
Solo vi raccomando esser lontane Dall'imitar la lascivetta Frine, E di non far l'amor simile al cane, Che presto arrizza, schizza e scappa in fine Quando l'onore a voi più non rimane, Per lo scherno fuggir delle vicine, La patria abbandonate all'occasione, Se per marito capita il coglione.
72
Mio cortese lettor, mi sembra assai Di aver parlato de' pastori miei, Da montagna in maremma io li portai, Dove li feci star tre mesi e sei; Li ricondussi in patria, e quivi ornai Tutti lieti nel cor, lasciar vorrei, Affinchè ognuno a suo bell'agio poi, Solo attendesse a far li fatti suoi.
73
Sò ch'il mio lungo di.? vi dà Ch'io ciò sospenda è l'unico rimedio Ratto ritornar voglio al mio presidio, Onde a voi tolta, sia la noja e il tedio; Sebben per ubbidire al padre Ovidio, Tener volli scrivendo, il sentir medio, Temo lettori, a voi venire 'in odio, Conforme un giorno a Ciceron fu Clodio.
74
Se trovate, leggendo il mio libretto, Un verso senz'un piede o pur mal fatto, lo spero, che da voi venga coi?retto, Com'anche ???lialtri poi, di ti?atto in tratto Se neppur fosse degno di esser letto, Contro l'autor non vi adirate affatto : Fate che il fuoco, in vista i?nia lo scritto Arda all'istante, ch'io starò pur zitto.
75
Ma se pur vi sovvien, da voi si disse, Cari pastori miei, ch'io ritemprasse La penna mia, che mai corretto scrisse, E le vostre avventure indi trattasse E comunque poi, l'opera sortisse, Stolto sarìa colui, che si lagnasse, Purchè adempito il voler vostr'avesse, lo guardar non dovea, ciò che facesse.
7 6
Per ciò se l'opera non è fatta bene,
Dir che ia colpa è vostra, ho gran ragione
Era ben noto a voi che in Ippocrene,
Il piè giammai portai sul Citerone.
L'Equinozio si appressa, a voi conviene
Nella vaga autunnal nuova stagione,
Della patria lasciar l'alte colline,
Per seguir l'uso antico.

Eccomi al
Fine del Canto settimo ed ultimo.