L'AUTORE
Spaventato dagli, avversari
Se la Siringa mia qualcuno sferza,
Intaccando di ogni albero la scorza,
Adirar non si dee perchè sì scherza,
Un'incendio anche grande alfin si smorza,
Ma se occorre in ottava, in rima terza,
lo potrò fare una seconda forza Di chi torce li baffi, e il
naso arrizza, Con altri versi di cantor la slizza.
2
Già li cani ogni pastor mi attizza,
M'insulta il cavallar con la sua mazza,
Il buttero, il cacier in piè si drizza,
Col vergaro m'assalta e mi strapazza; Come mi salverò da questa
lizza? Qualcheduno per bio certo mi ammazza; Sento che fammi il culo
lippe lappi, Per la pelle salvar, convien ch'io scappi
3
Del duro caso mio par che non sappi Nulla, lo stuol de' miei colleghi
troppi, Or che ho bisogno, dove sono i vappi Per venire da me, forse
son zoppi? Benchè difficil sia che alcun m'acchiappi Allor
che nel fuggir non trovo intoppi, Miglior cosa sarìa potere
a segno,
Degli avversarj miei tener lo sdegno.
4
Già comprendo, lettor, di ogni discorso Il senso per cui fu
presa a traverso La mia Siringa, per aver trascorso Un lungo spazio
per sentier diverso, E dei meriti lor, corpo d'un orso, Non mi degnai
giammai formare un verso, Per questo e non per altro, a me contrari
Son'in oggi li butteri e i vergari.
5
Dice il proverbio in termini ben chiari: Chi aspetta gode, amabili
lettori, Tutti in un punto combinar gli affari Non si ponno in città
con quei di fuori, Non crediate ch'io pensi a far lunari, Penso solo
per voi capi pastori ; Ma dovendo trattare un tema serio Penso ch'è
d'uopo, aver senno e criterio.
6
li vergaro, sia Paolo o pur Valerio, Presso l'ovile è certo
un uomo primario, Anzi dirò col suon del mio salterio, Qual
fra' pastori e lui, vi sia divario, E come ottenga di color l'imperio,
Per cui somiglia a Cincinnato e a Mario, Che questo e quel da semplice
soldato Fu Dittator de' popoli chiamato.
7
Il figlio di un pastore appena nato,
Dalla casa all'ovile è trasferito,
Se qui crescendo al genitore a lato
Fassi talor veder franco ed ardito,
L'obbligo in soddisfar dei proprio stato
Più degli altri immancabile e scaltrito,
Il vergaro ch'in lui molto confida,
Tosto un branco di pecore gli affida.
8
Queste di buon mattino ai paschi guida, Ma non già dove ancor
sia la rugiada, 0 quando occorre fà sentir le grida, Affinchè
dov'ei vuoi ciascuno vada, Gli Euri talora, e gli Aquiloni sfida,
0 la pioggia dal Ciel continua cada, Non lascia l'agne mai, per andar
sotto Un'albero, quando abbia un buon cappotto.
9
Nè per prendere mai tordo o ciarlotto, Si allontana da lor,
per il boschetto, Dietro una volpe mai rivolge il trotto, Nè
pianta per la lodola un archetto, Onde non abbia aver qualche rimbrotto,
Fugge coll'agne sue, pascolo infetto, 0 per sempre vederle grasse
e tonde Và ricercando le più erbose sponde.
10
Di un perenne ruscello alle chiare onde,
Nei tempi estivi abbeverarle intende,
Al famelico lupo ognor le asconde,
0 coi mordenti veltri le difende, Quando dalle di lor poppe feconde
Ne preme il latte, di vigor si accende, Che pria di Giambattista e
di Pasquale Fa veder pieno il secchio al principale.
11
In ogni altra faccenda pastorale,
E' primo a far li fatti e non parole,
A l'energia ch'aver dimostra è tale,
Che distinguer dagli altri ognor si suole,
Fatto adulto di poi, salir le scale
Tenta della virtù, che adora e cole; 11 vergar che lo vede
essere accorto, Qual pilota, dal mar lo guida al porto.
12
Per secondare il fervido trasporto Dell'avveduto giovane ed esperto,
Cacier lo elegge, e per non fargli torto, Colla paga mensil compensa
il merto, Quegli fa il suo dover, prende conforto Che trova ovunque
vada il calle aperto, E senz'adular mai, grato a chi deve Si mostra
dei favor che ne riceve.
13
Và per la retta via con passo lieve, Con volto alquanto sostenuto
e grave, Dove Tullio bevea, sovente beve, Onde trovar di ogni saper
la chiave, Ciò che gli spetta far, non gli è mai greve
La fatica, è per lui dolce e soave Se talor mette ad un destriero
il morso, Qual novello Perseo lo spinge al corso.
14
E con agilità ne preme il dorso
Ch'al figlio di Pelèo non è diverso,,
Ed avviene per ciò nel caso occorso
Che fare il cavallar sia pur converso,
Senza che faccia il capo alcun discorso,
Egli obbedisce e non si mostra avverso,
E l'armento guerrier, guida là dove
Può cibarsi vie più di erbette nuove.
15
Se lampeggia, se tuona, o pur se piove, Egli percorse le propinque
rive, Del buttero al voler non si rimove, Di cui gli ordini tutti
in mente scrive, Al vergaro che apprezza a par di Giove Non dimostra
giammai le voglie schive, 1 di lui cenni in guisa egli rispetta, Che
replica al suo dir mai non aspetta.
16
16 Dalla Casaccia o pur dalla Valchetta, Da Torre Nova ovver da Malagrotta,
Il buttero partir per la via retta, Deve in Roma portar, cacio e ricotta,
A questo effetto il cavallaro aspetta Atto alla soma un animal che
trotta, Immaginar non puoi quant'egli stenti, La notte in traccia
de' guerrieri armenti.
17
Senza spargere mai fiochi lamenti, Adempie il dover suo con passi
erranti, Non cura piogge, e nè soffiar de' venti, Nè
brine algenti o grandini sonanti; In quella guisa i suoi maggior contenti
Di aver fatti, tuttor sia che si vanti, A qual capo sarà che
non accoglia Di un suo servo l'agir di buona voglia?
18
Di ramo in i?amo, anzi di foglia in foglia, Vola il vago augellino
a cui somiglia Colui sul quale ogni virtù germoglia, Che per
la retta via scioglie la briglia, E della gloria alla scabrosa soglia,
Rapido il piede avvicinai? si appiglia, .Da cavallaro al, , in fatto
sogliardo Si vede, essendo un giovane gagliardo.
19
A soddisfare il suo dover non tardo,
Alle voci del buttero mai sordo,
Fisso all'opera sua tiene lo sguardo,
Coli li pastori andar sà ben di accordo,
Non gli arresta il piè mai rovo nè cardo,
Per insidiar la lodola ed il tordo,
Sol perchè di adempir prende consiglio
Ciò che additogli il suo maggior consiglio.
20
Affronta coraggioso ogni periglio, Non mai si arretra da qual sia
travaglio, Al trivello, alla sega or da di piglio, Ora forma una seggiola,
ora un maglio, E fà perchè della fatica è figlio,
Sovente in qualche tavola un intaglio, Per far veder col suo massimo
impegno, Che egli conosce l'arte dei disegno.
21
In osservar l'incision di un legno,
Ch'io coll'opre di Zeusi l'accompagno,
Stupisce Silvio dell'ameno ingegno,
li ciglio inarca il suo fedel compagno,
li buttero lo ammira e fà ben degno
Di lode il suo valor, celebre e magno,
Ma più di ogni altro in rimirar codesta
Opera, il buon vergar di sale resta.
22
Altre mille faccende oltre di questa, Ha di adempir la volontà
disposta, Volge sovente il piè nella foresta, E taglia ciò
che gran sudor gli costa; Respira alquanto sol nel dì di festa
Ancorchè i cenni del vergar non osta, Ch'è l'urgenza
talor presso l'ovile, Non lascia abbandonar l'opra servile.
23
S'tino scanz'aver può, sia marzo o aprile, Nel tempo estivo
o pur nell'autunnale, Legge spesso il Goffredo, il Malmantile, E la
prosa giammai mette in non cale; Scrive e cerca d'aver purgato stile
Nel discorso eloquente e naturale, L'aritmetica mai lascia da parte,
Onde Rutilio pareggiar nell'arte.
24
Fà, versando l'inchiostro in mille carte, La penna in maneggiar,
le mani esperte, Qual Galeno solea pria che di Marte, Della bella
cìttà, vedesse aperte Le porte, o come Andrea che a
parte a parte Le scritture studiò, che fù solerte, A
forse è ancor, di qualche verso e rima Fabro eccellente, del
Parnaso in cima.
25
Più che d'altri il vergar di lui fà stima, Anzi di Lino
emulator lo noma, A questo, l'orme di seguire intìma, Dei buttero
che và sovente in Roma; Quando l'urgenza il vuole, o sia la
prima Volta che dee portar più di una soma, Recando alla città
di giorno e notte, Quante dal gregge son cose prodotte.
26
Capretti, abbacchi e candite ricotte, Quante altre cose mai produce
il latte, Le mani in maneggiar mostra aver dotte, Che faccende noti
fà se non esatte; Tutte a buon fin l'opre di lui condotte,
Restano del vergar ben sodisfatte Le voglie in guisa tal, ch'in sua
favella, Ben presto sottobuttero l'appella.
27
Un'anno e forse due, cammina in quella Strada con franco piè
che non vacilla, Tutte del suo vergar le leggi ha nella Sua niente
fisse, con idea tranquilla Del buttero tuttor montato in sella, Se
si trova in città, se và per villa, Gli ordini adempie
volentieri accorto, Che far non vuole al suo dover mai torto.
28
Fra le tempeste, pria ch'arrivì in porto, Deve essere il nocchier
nell'arte esperto, Pria che in grado miglior costui sia scorto, Fà
d'uopo avere impareggiabil merto, Se il buttero ha per caso un viver
corto, (Ma non già come il mio diletto Alberto) 0 decrepito
al fin di morte il telo, L'alma gli manda a rimpatriare in Cielo.
. 29
Benchè il vergar non abbia il cor di gelo, Non versa già
di caldo pianto un pito, Ma vigila tuttor pieno di zelo Sò
molti affari, onde non perda il filo; Quindi al sotto rivolto: ormai
ti svelo, Finchè sei meco nel campestre asilo, Il posto aver
del buttero tu dei, Che ti compete, e meritevol sei.
30
Esprimer di costui come vorrei La gioja non sarà possibil mai,
Per il grado ottenuto, e i versi miei In simil caso son deboli assai,
Con le mani toccar de' sommi Dei Gli sembra, inver, l'alta magione
omai, Non per qnesto però mostrasi altero, Fra lo stuol de'
pastor, neppur severo.
31
Pien di riconoscenza oltre ogni vero, Non sol si mostra all'ottimo
vergaro, Al degno principal ch'in tai sentiero, Consente ch'egli stia
cori gli altri a paro, A cuì servo fedel, sempre sincero Di
esser giura, parlando umile e chiaro, Quegli l'ascolta volentier,
ch'in esso Ravvisa l'uomo il più avveduto espresso,
32
li buttero novel, sempre indefesso
In adempir quanto gli vien prefisso,
A tutto quel che dal padron concesso
Gli vien, talvolta ei tiene il guardo fisso;
Talor per mantener ciò che ha promesso,
Andrebbe come Orfeo dentro l'abisso,
Prima che gli abbia a far pìen di furore
Qualch'orrendo rimbrotto il suo maggiore.
33
Oltre di sorvegliare ogni pastore, Per far che ognuno adempia il suo
dovere, Quando il vergaro è lungi, o pur nell'ore Ch'il vuoi
la circostanza ed il mestiere, Per veder senza pecca il caciofiore,
Ricorda l'esattezza al buon caciere, E dice al focolier, che la ricotta:
Vuole il padron che sia non molto cotta.
34
Per dire il ver, nessun di lui barbotta, Sì l'un che l'altro
i cenni suoi rispetta, Che il dolce comandar di gente dotta, Fà
sì ch'ognuno ad obbedir si affretta, Costui ch'è di
pregevole condotta, Suole il tutto indirizzar per la via retta, E
l'amor con l'amor pagar dispone, Che sà ben profittar dell'occasione.
35
Quando il suo superior, venir gli impone Due volte e tre tutte le
settimane Nell'eterna Città, dove il padrone, Può sicuro
trovar di sera e mane, Ambedue li coturni arma di sprone E vanne per
le vie scoscese e piane, Sovra una besta alla fatica avvezza, Tirandone
altre due per la capezza.
36
Fà d'uopo raccontar con esattezza, Quanto il povero buttero
strapazza La vita sua nel fior di giovinezza, Per mangiar pane e mantener
la piazza, Non cura in quel tragitto, anzi disprezza
La pioggia, il vento, il nevicar, la guazza, Spinge le bestie cariche
al cammino, Per giungere in città di buon mattino.
37
Quando il tempo autunnal fassi vicino, Da Boccea, dall'Ogliata, o
da Pantano, Da Malagrotta, o pur da Bocconcino, Da Pratalata, o loco
più lontano, Porta dentro le ceste al bagarino, Non sol più
d'un capretto vivo e sano, Ma in varie volte, ancor lattanti cento
Uccisi figli del lanuto armento.
38
Nell'istess'ora và col piè non lento, Nella pizzicheria
ch'è forse accanto, Mille formaggi quì se pur non mento
lo veggo scaricar di tanto in tanto, Con li cento occhi di Argo, osserva
attento Della stadera or l'uno or l'altro canto, Ch'intese da un pastor
canuto e veglio: Buono è fidarsi, e non fidarsi è meglio.
39
Ai tal caso non dorme, è sempre sveglio,
Onde non gli sia fatto alcun' i in brogli o,
Davanti agli occhi ha tutte l'ore lo speglio
Per cui distinguer sà dal grano il gioglio,
Per favellar di lui le rime sceglio,
Ch'accorto, esatto nel suo portafoglio,
Tutte del pizzicagnolo ripone
Le ricevute, e portarle al padrone.
40
Varie cose costui quindi gli impone
Che tutte adempie volentieri e bene,
Di quà, di là, rapid'andar dispone,
Per qualunque affar suo che gli sovviene,
Per le strade remote il piè non pone,
Là dove esser potrìa la bella Irene,
Nè si trattiene a ragionar di cose Frivole e sciocche, con
persone oziose.
41
Ad eseguir quanto il vergar gli impose, Pria volge il pìè
dove d'andar comprese Per li pastori, che non mai ritrose Ebbe le
voglie in dover far le spese, Perchè ciascun di lor, ben corrispose
li suo voler quando la voce intese, Và di quà, và
di là; tutto procura, Mentr'ha per tutti imparzial premura.
42
La caccia d'esitar si prende cura
Conforme fanno i Nardi e gli altri ancora
Sino che la stagion propizia dura,
Per cui non ha di quiete un quarto d'ora;
Perchè lungi ama star dalla censura,
Per li pastori và da poppa a prora
A vantaggio di lor solo si affanna
Lettor, credimi pur, nessun'inganna,
43
Qualche pastor per la sua bella Arianna, Per la zia, per la madre,
o per la nonna, L'incarica comprar più d'una canna Di robba,
adatta a far zinale o gonna; Per qualunque altr'ancor di sua capanna,
Ora un par di stivali, ora per donna Di scarpe un pajo o due d'ottima
robba, Che l'uno e l'altro a suo piacer si addobba.
44
Una persona molto savia e probba Che con l'azioni le virtù
prelibba; A quel perfido e rio venghi la gobba, Che forse a dire mal
talor si cibba; Finchè la musa mia mangia la bobba E del castalio
fio l'onda non libba Non potrà di costui ridir con chiari Versi
e rime legiadre, i pregi rari.
45
Prima di ogni altro buttero gli affari Disbriga, e pria ch'il sol
coi suoi splendori Oltrepassi il meriggio, e che rischiari Colà
d'Iberia i tenebrosi orrori, Rimonta in sella, e senza ch'io dichiari
Dove rivolge il piè, sortito fuori Da quest'alma città,
che senza fallo Verso dove partì sprona il cavallo.
46
Per la via non frammette un intervallo Come talun che se ne và
bel bello, 0 và dormendo, o all'osteria del Gallo Si ferma
e smonta, e và dentro al tinello Più d'un bicchier di
vetro o di cristallo Di vin tracanna ingordo, onde il cervello Vacilla
sì che non connette appieno, E mal del corridor governa il
freno.
47
Temperante costui non empie il seno Di troppo, qual Penteo spumante
vino, Ma sempre desto a guadagnar terreno Cerca soltanto in questo
cammino, Giunto all'ovil col suo parlar ameno Esprime al suo vergar
fatto vicino La gita, e come andò del tutto in traccia Per
non aver qualche spiacevol taccia.
48
Quindi volto al pastor con lieta faccia Dice cavando fuor della saccoccia:
Questi sono i denari della caccia Che potranno servir per la bisboccia,
Una lettera che vien dalla Bottaccia Che forse scritta sullo stil
di scoccia Portata in Roma dall'Ogliata, in mano La porge all'amatissimo
Giuliano.
49
Divers'altre venute da Pantano Scritte in ottave, e che dirette sono
Una ad Ottavio, e l'altr'un di Volciano Benchè per far li versi
è poco buono; Di Marchetti creduto il Mantovano Porta al caprajo
una risposta a tuono Che da Giovanni fiscellar la prese Tenuta entro
la tasca almeno un mese.
50
Altra lettera poi di un Terzonese Cui di Pindo le vie non son mai
chiuse Porge con atto affabile e cortese In man di Cajo amante delle
muse; Altre ne porta del natìo paese Quali benchè fra
lor siano confuse, Le sfoglia ad una ad una e le consegna Conforme
in esse il soprascritto insegna.
51
Premuroso costui, mentre si degna Favorir de' pastor la turba magna,
V'è chi sospende di tagliar la legna, Chi lascia di custodir
pecora ed agna. E l'uno e l'altro di ascoltar si ingegna Le desiate
novelle di montagna, Se lieto viva nelle patrie soglie Padre, madre,
sorella, figli e moglie.
52
Per appagar d'ogni pastor le voglie Il buttero ha tuttor le luci sveglie,
Grato ciascuno i suoi favori accoglie, Loda il suo bene oprar nelle
sue veglie Quando a parlar con lui la lingua scioglie, Sebbene incolto
sia, le frasi sceglie, E se comanda, replicar parola Non gli fà
Giammaria, neppur Niccola.
53
Costui, quantunque una finezza sola Riceva da un pastor, pur lo regala,
Quando afflitto lo scorge lo consola, Mille riguardi gli ha se mai
si ammala; Se tutti gli altri butteri una scuola Medesima apprendessero,
una scala Salissero oggidì, conforme sale Questo tanto benevole
e cordiale.
54
Se una mancanza fà Paolo o Pasquale Di offenderlo coi fatti
e le parole, Non ne mormora mai, nè dice male, Nè l'accusa
al vergar com'altri suole; In petto il cor non ha com'ebbe un tale
Ch'a dire il vero, ancor si lagna e duole, li collega di lui che da
malvaggio Volle imitare un animal selvaggio.
55
Un uomo ch'ad esso star possa al paraggio
Per la perfidia fino ad or non vèggio,
Di nasconder due pezzi di formaggio
Al buon compagno suo, fece il maneggio;
Che quando fece il solito viaggio
Col frutto in Roma, esser non potea peggio
Per esso il caso, che rinvenne il peso
Mancante assai, per cui restò sorpreso.
56
Esso al contrario per aver compreso Col frutto giornalier da malizioso
Il detto cacio, che da lui fu preso E che per giorni due lo tenne
ascoso; Portando in Roma come avea preteso li consueto carico, giojoso
Di maggior quantità fu rinvenuto Come appunto quel tristo avea
voluto.
57
Saper vorrei di quel baron f. . . . Cosa mai fosse nel pensier tramato,
Volea, che dal padron fosse creduto Per un uomo il più accorto
e più fidato, Che fosse il sotto buttero caduto E non più
come pria considerato, Ma poco tonda a lui riesci la palla, Che l'olío
a dire il ver, và sempre a galla.
58
Costui, non fra pastor se il dir non falla, Ma fra la tigre e l'orso
ebbe la culla; Uomo non è, ma un'animal da stalla, Chi l'onestà
dei suo collega annulla; Spero che con un calcio di cavalla Finisca
i giorni suoi chi si trastulla Col far male ad altrui, come quel tristo
Che credea di veder senz'esser visto.
59
Ala fra lo stuol de' butteri commisto V'è qualcun'altro del
pensier di questo, Ch'una mattina al bagarin Calisto Cosa grata portò,
non dico il resto; Tu lettor, mi dirai: per l'Anticristo, Se il sai
perchè non farlo manifesto? Era di cacio una piccola forma,
L'affar però meglio sarà che dorma.
60
A costoro servir potrà di norma,
Chi con la volontà mai sempre ferma,
Pensa agli offici suoi di cui si informa
Onde l'opera sua non resti inferma,
Nè ricusa giammai di imprimer l'orma
In parte amena o solitaria ed erma,
Che solo al bene oprar la mente ha vaga,
Onde il padrone ed il vergaro appaga.
61
Meritevol sarìa di maggior paga, Che sempre esatto le faccende
sbriga De' pastori lo stuol, non mai si plaga Di lodar lui com'uomo
di prima riga, Ma la lode però non mi suffraga Se la borsa
per me nessun castiga, A qualcuno direi, poichè sostanza Lode
non ebbe mai, da empir la panza.
62
Siccome per dottrina ogni altr'avanza, Per pratica nell'arte e per
prudenza, Dovunque volge il piede o pur vi stanza Tosto con questo
e quel fà conoscenza; Per cui nascendo poi la circostanza,
Che qualche masseria rimane senza Il vergaro, ch'al fin per esser
molto Vecchio, dal suo servir viene disciolto.
63
Dove tu pensi mai ch'abbia rivolto
Il padrone il pensier fervido ed alto,
Lettor, verso quel buttero ben colto,
Prattico a sostener qualunque assalto;
Nè mancherà chi con garbato volto
Per parlargli, da lui vadi in un salto,
Dicendogli: signore, al tuo ' servizio
Sarebbe al caso il buttero di Tizio.
64
Oltre all'esser costui di gran giudizio E nella scienza imitator di
Grozio, Giovane scevro di qualunque vizio, Figlio dell'arte, sprezzator
dell'ozio; Quegli perchè di già n'ha avuto indizio,
Soggiunge: potrà farsi un tal negozio Te con esso da me venir
fà d'uopo, Onde potere effettuar lo scopo.
65
Questi benchè non ha del frigio Esopo L'eloquenza nel dir,
non parla sciapo Al buttero che vai quanto un Piropo Onde fargli il
segreto entrare in capo, Al quale il suo discorso ascolta, e dopo
Bramoso dei pastori essere il capo, Per andar dal mercante a parlamento
Senza molto cercar, trova il momento.
66
Il mezzano con lui ragionar sento
Dal quale a far cotesti è spinto,
Non far che sparse abbia le voci al vento
Mentre col mio parlar ti ho ben distinto;
Dei far conoscer poi col tuo talento
Che tu sei tal conforme io ti ho dipinto,
Affinchè com'io già son persuaso
Faccia buona figura in simil caso.
67
Esser non devi di tal dubbio invaso Quegli risponde con allegro viso,
Veder vorrei de' giorni miei l'occaso Prima ch'io prenda il tuo consiglio
a riso, Le pendici calcar pria del Caucaso Vorrei col piè dalli
pastor diviso, Che salire a tal grado e non avere li pensiero d'adempiere
21 nlio dovere.
68
Al buttero il senzal fà quì vedere, Ch'ha soltanto per
lui tante premure Non già per bene suo, ma per potere Di regalia
tre doppie aver sicure, Altrimenti i senzali alcun piacere Noti ti
fanno davver che le lor cure Sono tutte rivolte all'interesse, Nè
da scherzo vi fò tai cose espresse.
69
S'un'aneddoto quì ridir volesse Ch'una volta un di lor la lingua
mosse Per far sì ch'un vergaro al fin perdesse La sella, benchè
reo di nulla fosse, Diede il posto ad un'altro, affinchè avesse
Offerto in dono a lui che lo promosse, Oro, argento non sol, che gente
ghiotta Un'abbacchio, un formaggio, una ricotta.
70
Chi toglie dalla bocca la pagnotta Alla persona che rimane afflitta,
Merita in testa aver più d'una botta Armata di baston da mano
in vitt a, Ma forse la medesima condotta Non avrà questo, che
per la via dritta Il buttero conduce, anzi lo sprona Dal mercante
che poi così ragiona.
71
Saprai forse ch'io cerco una persona Di abilità, di cognizioni
piena, Com'ancor di morale ottima e buona, Ch'abbia nel comandar fronte
serena, S'è ver, conforme frà di noi risuona La fama
in oggi, in questa piaggia Sò che nulla in te manca onde se
voi, Nella mia masseria venir tu puoi
72
li buttero : verrei, chi sà se puoi
Lieto sarai delli servigi miei !
Ed egli a lui: conosco appieno i tuoi
Modi di agire, anzi sò ben chi sci;
Vieni per cui con me, che fra di noi
Non vi sarà che dir, lo giuro a' Dei
Oltre mille propine, avrai mensile,
Per le fatiche tue, paga non vile.
73
Incontrar non vorrei caso simile, L'altro ripiglia : a Battilocchi
eguale, Che vergaro divenne a mezzo aprile E nel maggio avvenir vide
il finale; Era saggio, era accorto, ed era umile Pratico in tutto,
e per cagion dei male, Lungo spazio dovè giacer nel fondo Del
letto, fra l'ambasce e duol profondo.
74
Conforme piacque al facitor dei inondo Nello stato primier tornato
essendo, Trovò ch'un'altro sosteneva il pondo Della carica
sua, caso tremendo Di aver lasciato il primo, ed il secondo Posto
senz'un eri?or perduto avendo, Se con ira parlò contro Cartoni
Non saprei dir se aveva mille ragioni.
75
Queste, il mercante : son barbare azioni Di patronali, fuor di ogni
uso strani, Quando si trova un'ottimo tra i buoni Non lo lascia fuggir
dalle sue mani, Non hanno egual pensar tutti i padroni, Noi speriamo
da questo esser lontani, Vien pur da me, che noti sarai di certo Mandato
via giammai, senza demerto.
76
Convinto al fine il buttero: ti avverto Che per il tuo giardino io
lascio l'orto Restiam per la consegna di concerto Da potersi sbrigare
ìn tempo corto ; Parte ciò detto, ed al vergaro, aperto
Il tutto fà coi breve suo rapporto, Quegli in sentirlo fà
torbìdo il ciglio Quìndi soggiunge a lui : sentimi figlio.
77
Fra le tempeste, un fragile naviglio S'il nocchiere schivar non sà
lo scoglìo,
? Costretto naufragar, manda in perìgìio La merce, ed
esso ancor del mar l'orgoglio; Per quel che devi fare io ti consiglio
Che potresti trovar l'istesso imbroglio Oggi l'uovo è miglior,
che la gallina Dimani, ed il proverbio l'indovina.
78
Rifletti ben, la niente tua raffina Prima che metti il piè
nella laguna, Talora esser potrìa la tua rovina Questa che
forse tu chiami fortuna; Ma se a tuo prò cotesto affar combina
Senz'altro indugio il tuo fardello aduna, Mi affligge il tuo partir,
ch'un forte appoggio Eri per me, nel pastorale alloggio.
79
Com'un ch'ascolta il batter di orologgio, Così lui del vergaro
al parlar saggio Porge l'orecchio, ma per fare uno sfoggio Dell'abilità
sua, dei suo coraggio Risolve di partir per altro poggio, E chi ciò
non farìa per un vantaggio ? Addio dicendo, il suo congedo
appresta Che quì per esso, altro da far non resta.
80
Trascorso il monte, ' il piano e la foresta, Dei nuovo suo padrone
eccolo a vista, Che per l'opra compir già manifesta, Appella
il segretario e il computista, Vanno in tenuta, e quante sono in questa
Bestie minute e grandi, in lunga lista, Da un accordo pastor, pria
numerate, Son nel libro maestro registrate.
81
Trecento agnelle, ch'in custodia date Furono ad Ottavio ed ora mai
cresciute, Fra le lattare, l'ultime figliate Son novecento con le
mamme irsute, Duecento sode ancor son'osservate, Con altrettante pur
bestie cornute, Capre e caprette intendo dire, ed anco Di capricorni
di pei nero e bianco.
82
Numerati così branco per branco Tutti gli armenti, il mio discorso
tronco Poichè mi sento affaticato e stanco, Scrivendo, il polso
mi par d'aver cionco; Ma già di nuovo vigoroso e franco L'estro
mi sento, e con la rima in onco Tosto riprendo lo scabroso calle Col
sacco delli versi sulle spalle,
83
Veggo poi numer cento cavalle, Fra le storne, le baje e le morelle,
Parte col basto trasportar le balle Capaci, e l'altre a sostener le
selle Molte índomite ancor, per l'ampia valle Van percorrendo
ognor veloci e snelle, Trenta somari che dai fontanili Portan l'acqua
ai pastor dentro i barili.
84
Sette muli di pelo assai simili Vi son compresi, e non di forza eguali
Ch'i pascoli han communi e i domicili, Benchè siano bisbetici
animali, Quindi gli attrezzi benchè oggetti vili, Forze senza
lasciar neppur i pali, Notano insieme, che fra nuovi e vecchi Lettor,
tu lo sai ben, che son parecchi.
85
Dovendovi parlar di altri apparecchi Vi prego amici a non voltare
i tacchi, Porgete aperti al mio sermon gli orecchi Benchè forse
oramai sarete stracchi, Si scrive adunque il numero dei secchi, Di
cento reti e ciò ch'è dentro i sacchi, Capezze e capezzoni
e vari pezzi Di corde, di corame e mille attrezzi.
86
Quella non sol che tu, vergaro apprezzi, Sella dove ti assidi e ti
sollazzi, Notano l'altre ove d'andare avvezzi Sono i sogliardi, i
butteri e i ragazzi, Nove bardelle vecchie coi rappezzi, Che sol causa
di ciò sono i strapazzi, 2 di quaranta il numero de' basti,
Fra li buoni, i cattivi e i mezzi guasti.
87
vergar senza dar loco ai contrasti, Gli armenti numerar dop'aver visti,
Di alcune cose và toccando i tasti Sugli oggetti mediocri e
buoni e tristi, Poi non essendo ad osservar rimasti Che i soli patti
ad altre cose misti, Sottoscrive quel foglio ove ristretti Son tutti
gli articoli suddetti.
88
Il padrone al vergar con questi detti Quindi si volge, e parla : or
che ridutti Sono nelle tue mani i varj oggetti, Ed in custodia tua
gli armenti tutti, Come da buon cultor qual tu prometti Spero veder
dell'opre tue li frutti, Quegli soggiunge : un fervido desìo
Avrò, per adempiere il dover mio.
89
Il principal coi suoi d'onde partio,
Or che non manca alla consegna un nèo,
Torna dicendo alli pastori addio,
A Benedetto, a Marco ed a Matteo
Resta con questi il buon vergaro, ed io
Le rime e i versi, aver vorrei di Orfeo,
Per ridire in qual modo egli si porta,
Mentr'è fatto di lor sicura scorta.
90
Preso il comando da persona accorta Quanti sono i pastor nessuno scarta,
Con dolci, detti ad obbedir gli esorta Che dal servizio suo nessun
si parta; A rassegna li appella e li conforta, Scrive poi di ciascuno
il nome in carta; Ed essi lieti, per aver trovato Un vergaro sì
affabile e garbato.
91
Un militar da tamburrino alzato Di generale al grado abbiam veduto;
Un monello degli infimi osservato Fu tra' primi fattor perch'avveduto;
Da biscino un pastor si è pur trovato Ch'al posto dei vergaro
è pervenuto Non con impegno di persone prime Sol per avere
un merito sublime
92
Con affabilità gli ordini esprime Di chi l'ascolta, pronunciando
il nome, Che porti Ottavio a pascolar su le cime Dei monte il gregge,
e dice quando e come Tu le valli, Brunon, più basse ed ime
Percorrerai coi branco tuo, siccome L'avviso dato ancor fà
a bella posta Al tuo collega, andar di costa in costa.
93
Ilare in volto a quest'e a quel si accosta Per osservar cosa pur troppa
giusta, Se la faccenda a lui poc'anzi imposta Faccia con energia,
con man robusta Non v'è chi con asprezza una risposta Gli faccia
mai, poichè nessun disgusta, Dirige l'opre lor senza rimbrotti
Come sogliono far, gli uomini dotti.
94
Li piccoli non sol, ma i giovanotti Corregge ancor dove non so ben'atti
Caso non v'è alcun di lor borbotti Bensì studiano il
modo esser più esatti, Se i lavori talor sono interrotti Non
avverrà giammai che li maltratti, Come certuni ch'io ridir
vi posso Fanno prova di por le mani addosso.
95
Questo ch'è un uomo, e non un fier molosso che nulla si fà
con il fracasso, Senza ch'abbia giammai nessun percosso Li sorveglia
nell'opre ad ogni passo ; Nessun si mostra duro a par di un osso Nè
stanno spensierati a capo basso, L'uno e l'altro in sentir la voce
sola, Al suo dover non corre nò, ma vola.
96
Questi ch'à tutti potrìa far la scuola Perchè
seppe salir tutta la scala, Chi contradirgli azzarda una parola ?
Mentr'egli sà come si ascende e cala, Far potrebbe restar la
voce in gola A chi la bocca a favellar prepala, Ch'in ogni grado qual
da noi si crede, Egli sa molto ben posare il piede.
97
Non è com'un di quei che nasce erede Nelle nostre beate alme
contrade, Di un ricco patrimonio onde succede Del padre al posto allorchè
a morte cade, In un punto vergar fatto si vede Senza calcare dei pastor
le strade, Senza far pria da buttero per poco Giuoca per tanto e non
conosce il giuoco.
98
Come corregger puote a tempo e loco Un qualche sbaglio di pastore
antico, Senza conoscere l'arte, e nè tampoco Mille altre cose
ch'io non ve le dico; Senza la legna non si accende il foco, Senza
capacità non vale un fico L'uom ch'alla testa degli affari
è posto Non saprà come rivoltar l'arrosto.
99
Il vergar di cui parlo opra all'opposto, Sà ben metter le dita
in ogni tasto, Loda compensa il meritevol, tosto Sgrida chi mostraver
l'animo guasto Di giovare ai pastor sempre disposto, Nemico di sentir
qual sia contrasto, Mancar non gli fà mai qualsiasi propina
Non fa come taluni che la raffina.
100
Il pan ch'ad essi il principal destina,
Che son quarantadue per settimana
Pagnotte, che sian d'ottima farina
Procura e non di qualità mezzana;
Affinchè di buon cor sera e mattina
Faccino il dover lor con faccia umana,
Poichè conosce l'annual salario
Non esser sufficiente al vestiario.
101
Se con la cacca alcun si prende svario, Dice rivolto ad essi : io
non m'infurio Quando non si abbandoni il necessario, Andar potrete
pur ch'io non v'ingiurio, Dell'util vostro, inver non son contrario,
Anzi ne godo e vi fò buon augurio, Forse alli propri figli
il genitore Non parla in questi modi ebro d'amore.
102
Se gli bussa a denari Salvatore Per un acconto, che gli può
servire, Non già risponde a coppe il suo buon core, Non gli
lascia neppur la bocca' aprire; Per qualunque altro singolar favore
Non gli consente il cor di proferire Il verbo nò, perchè
pietoso essendo, Può darsi un uomo più di lui stupendo?
103
Mentre ciascun pastor và percorrendo Di quà di là,
conforme ebbe il comando, Egli con attenzion và rileggendo
Dioscoride per dare all'ozio il bando; L'anatomia talor và
riflettendo Del cavai di Ruoni il come e quando, E studia ancor la
mascalcia sovente Dei Bonsi, che fra gli altri è il più
recente.
104
Per cui talor quando un cavai si sente Colto da fier malora, oltraggi
ed onte, Che mostr'aver tuttor deboli e lente Le gambe al corso, per
la valle e il monte, li vergaro a tai sintomi consente Non sol d'aver
la medicine pronte, Ma procura saper dove si accolga Il male, ed in
qual parte egli si dolga.
105
Fatta un'azione onde il gonfior si sciolga, Pria che la febbre l'animale
assalga Se è d'uopo ch'al salasso alfin si volga Per far che
questo in caso tai prevalga; Fende l'arteria onde d'umor si tolga
La quantità che basti, anzi che valga, Per far che torni con
spumante morso Fra non molto qual pria libero al corso.
106
All'armento lanifero soccorso Porge qualor sia di salute scarso, Pur
che in tempo ai rimedi abbia ricorso, Represso il male non è
più comparso; Di una bevanda sua composta un sorso Che certo
a noi miracolo ci è parso, Un animal già della vita
in forse In salute tornò s'ei lo soccorse.
107
Con egre bestie ancor verso lui corse D'altre masserie genti diverse,
Chi nelle mani sue pensò di porse Per ben tosto guarir la strada
aperse Se col piè trà limitrofi trascorse Ricercato
talor, tempo non perse Chi non affretta un premio a sì bell'opre,
Colla pelle dell'asino si copre.
108
S'avvien ch'altri al suo piè chiuder si adopre La spaziosa
via, tosto la riapre, Scevro d'invidia il rallo altrui ricopre E la
sua bocca a mormorar non apre Coi fatti già conoscitor si scopre
Non solo per guarir pecore e capre, Ma se un pastor si ammala, o si
ferisce, Non passano tre dì, che lo guarisce.
109
E quest'è segno tai, che ben capisce Ch'a tal'uopo ci voi l'erba
che nasce Negli alti monti, e quella che fiorisce Nei lochi ameni
ove l'armento pasce, Col sacco d'ambedue ch'insieme unisce, Suole
al ferito allontanar l'ambasce, E se qualcun'ha un fier dolor nell'ossa,
Fa sì che parta, e ritornar non possa.
110
Per chi a le febbri, o pur gli umori ingrossa, Torna l'umor qual pria,
la febbre passa, Prende l'erba centaurea, e ciniglossa, Papino colto
in parte umida e bassa, Il dittamo, l'issopo e la bugliossa, li cartanio,
che netto il ventre lassa, L'orminio, il polipodio, ed ogni altr'erba,
Di cui sà la virtù dove si serba.
111
Parte adopra matura e parte acerba Per qualche suo pastor quando si
sturba, E pur non mostra mai faccia superba, Benchè il più
savio in mezzo ad una turba; Ha per la circostanza una riserba Di
bei segreti e di virtù, che furba E sagace esser dee qual sia
persona: Che sciocco è, chi quant'ha, regala e dona.
112
Se un pastor fassi un livido, si sprona Il vergaro e tosar sucida
lana, L'infonde nell'aceto, e sì ragiona Quest'è l'Esípo
greco, che risana, E l'applica ove il duol l'ange e frastuona, Che
non passa neppur la settimana, La parte offesa è reintegrata
in guisa, Che segno alcuno non vi si ravvisa.
113
Una persona affabile, è decisa Di poterti giovare in ogni cosa,
Chi non verrebbe dai confin di Pisa Per obbedirla senz'aver mai posa
! Di un uom, che nell'oprar tutto precisa, L'obligo trascurar punto
non osa, li principal, che sia remoto il caso Di potersi lagnar, son
persuaso.
114
Pria che coi raggi il sol presso l'occaso Siasi nel mar per venti
volte infuso, Dì tornare il vergar non è rimaso Dal
di lui principal conforme è l'uso Serio nel volto, e di pensieri
invaso, Lungi mai sempre a rimaner confuso Nel dar contezza della
masseria, E la cagione il suo venir qual sia.
115
Dopo aver detto che miglior di prìa Vanno le cose sue qual
si volea, Prende congedo, per la stessa via Volger il piè dispone
entro l'idea, Che suoi di rado entrar nell'osteria Nè mai l'orme
seguir di Ninfa o Dea E sol con quei della medesim'arte Ragiona degli
affari, a parte a parte.
116
Quando il suo principal qual Brandimarte Sovra un'agil destrier di
Roma sorte, E vanne a spron battuto in quella parte Dove le gregge
sue son da lui scorte, Se giunge allor che gli ordini comparte A ciascun
dei pastor con voce forte, Visto il padron che vien per suo diporto,
Fuor dell'ovile ad incontrarlo è sorto.
117
Denuda il capo, e gli ragiona accorto Con dir: signor dal mio dover
non parto, Degli armenti sinor nessun'è morto Ch'anno l'erba
abbondante in ogni quarto Sembra ch'ogni pastor prenda conforto Per
li lor pascolari al mio riparto, Ch'a pascer destinai l'erbetta molle
Le figliate nel pian, l'agne sul colle.
118
Due settimane fà come il ciel volle Il bajo si ammalò
fra le cavalle, Che perduto giacea sopra le zolle Di quà non
lungi nella bassa?valle, Ma di ria morte dalle mani il tolle La mia
medica man, che sulle spalle Fatta il basto gli avea piaga profonda,
Or se lo vedi, di salute abbonda.
119
Il principal convien che gli risponda,
Per fargli sù di ciò qualche domanda;
Forse la prima parte e la seconda,
Di Ruini studiasti in questa banda,
E fai sì ch'io risparmi in questa sponda
Portare un maniscalco, allorchè manda
Sui quadrupedi il ciel morbo sì tristo,
Mentre tu sei di abilità provvisto.
120
Ho fatto a dir il ver piccol'acquisto, Dice il vergar : di qualche
autor robusto, Se talor formo di segreti un misto Adoprarlo in tuo
prò mi sembra giusto; Quivi il padron per quel ch'ha inteso
e visto Sommo dimostr'aver, piacer e gusto ; E fanne al servo suo
lode ben degna Ch'il Toggia e il Bonsi, d'imitar s'ingegna.
121
Mentre il vergar ne gode, egli disegna Largo spazio osservar della
campagna, Vede ch'esiste quant'ebbe in consegna Il buon vergar che
di sudor si bagna; Scorge che tra' pastor la pace regna, E che del
Capo lor nessun si lagna, Vista la nave sua col vento in poppa, Col
palafren vèr la città galoppa.
122
Per la via dell'onor che non intoppa Và franco il mio vergar
tappa per tappa, Che senza bere all'Apollinea coppa La debol musa
mia lo vanta e frappa; S'a qualcun'in oprar la gamba zoppa Cui scuoter
col baston dovrìa la coppa Lo sgrida appena, lo corregge e
scusa, Benchè la bontà quel tristo abusa.
123
Per dare esempio altrui tien sempre schiusa La porta al travagliar,
la mente intesa Di mungere talor non si ricusa, Che forse benchè
lieve ad altri pesa, Intaglia un legno e non alla rinfusa Come chi
non ha mai la voglia accesa, Or fà un cancello, ora alla scure
un manico, Una seggiola or fà conie meccanico
124
Talor pareggia artefice germanico Portando a perfezione un legno armonico,
A Dedalo verrebbe il timor panico, Gli vedesse il compasso architettonico
S'io dicessi ch'è un pratico bottanico Lettor, quì far
non dei riso sardonico, L'amator delle scienze alzando il volo Rapido
và dall'un all'altro Polo.
125
Fa i conteggi talor guardando il ruolo D'aumento osserva delle spese
e il calo, Pensa agli affari suoi mentre egli solo Dee sostener come
la rete il palo, Al caciere talor dice: o buon figliuolo Portati ben
ch'in fine io ti regalo, Guarda e dice a Matteo che par che dorma
Premi bene quel cacio entro la forma.
126
Al caprajo sovvien di imprimer l'orma Per folta macchia solitaria
ed erma ; De' suoi doveri il cavallaro informa, Ed ai sogliardi l'ordine
conferma, Al buttero ch'ha lui più si uniforma, Che vigila
indefesso, e non si ferma, Ricorda, che con modo e con maniera, Lagnar
non facci de' pastor la schiera.
127
Se di autunno, d'inverno o primavera Un pellicciar, che non è
cosa rara, Alla capanna sua giunge di sera Mon mostra punto aver la
voglia avara Oltre d'averlo accolto in buona cera Gli fà dar
di ricotta una cucchiara, Due pagnottelle e l'appetito estingue, Non
è quest'un favor che si distingue ?
128
La fama ch'ha cent'occhi e cento lingue Il grido di costui spande
dovunque, lo per lodarlo esser vorrei bilingue In ottave in sonetti
o pur comunque, Pregar non fassi quattro volte o cinque Per compartire
altrui favor qualunque, Se gli chiede un pastor libero un giorno,
Và pur gli dice: attendo il tuo ritorno.
129
Tutte le sere in quest'umil soggiorno, Cessato appena il travagliar
diurno, Recita coi pastori ad esso intorno Le sante preci, e poi scioglie
il coturno; Nel dì festivo nel vicin contorno
,?Eccetto quei ch'han della guardia il turno Li mena ad ascoltar la
santa Messa Cosa ch'assai per l'anima interessa.
130
L'ora di quà partire omai si apprezza, Passar per li Massacci
il giorno fissa S'un dei guardiani che mai si confessa Stà
per venir con un pastore in rissa, Dal vergar l'ira sua viene repressa
Con parlata non già molto prolissa, Ma con prodiga man dai
borsellini Col cavar fuor la borsa e li quattrini.
131
Giunti della lor patria entro i confini
Fuor di periglio, tutti salvi e sani Fatto lo stazzo presso i monti
alpini Delle folte boscaglie in mezzo ai vani, 1 pastori di quà
come i biscini Nei lor villaggi prossimi e lontani Il buon vergar
che le lor voci ascolta, Ne manda a rimpatriar pochi per volta,
132
Forse dopo i pastori a briglia sciolta Egli ritorna?alla sua donna
adulta Per la fiamma smorzar nel petto accolta, Ch'il cor pien d'ardor,
gli avvampa e insulta Lei che la mente a lui tien rivolta Non saprei
dir quanto di gìoja esulta, Or che dinanzi a lei tognaio il
mira La lontananza sua più non sospira.
133
La sua bellezza ancorchè forte il tira, Qual calamita il ferro,
o come Flora Quel Zeffiro tirò che dolce spira Nella nuova
stagion ch'april s'infiora; Per breve istante intorno a lei si aggira
Perchè non ama far lunga dimora Lungi dal gregge suo, benchè
lasciato L'abbia in mano dei buttero affidato.
134
Lusingar non si fà dal bene amato Se talor prova a sè
tenerlo unito, Come talun ch'alla consorte a lato Vari giorni lo tien
forte prurito, Come stava Rinaldo innamorato Presso la maga nel giardin
fiorito. Che sol per lei l'onor della vittoria Posto in non cale avea,
dice l'istoria.
135
Neppur imita quel che pien di boria Nel paese sen Và con faccia
seria, Che spesso nelle bettole baldoria Fà nel festivo dì,
che nella feria; Per seguace di Venere si gloria Che sembra non avere
altra materia, E sul destier nei prossimi villaggi Fà per diletto
suo vari passaggi.
136
Il mio vergar che non vò fare oltraggi
Al suo dover, lascia i nativi alloggi,
E sprezzando dei sol gli ardenti raggi
Torna tosto ai pastor sù gli alti poggi
Affinchè all'ombra de' frondosi faggi
Non meni il gregge, ed al baston si appoggi
Sì l'un che l'altro, ovver si giaccìa insino
Ch'il sole al tramontar fassi vicino.
137
Fatto intendere a tutti il suo latino Come dee costudir l'agne ciascuno,
Dispone, perchè dee, tal'è il destino, Quindici giorni
aver liberi ognuno, In tre mesi, per cui salvo il biscino, Fà
che tutti i pastori ad uno ad uno, Per sole cinque volte a casa torni,
E ripartir di là dopo tre giorni.
138
In questi ameni e placidi soggiorni, Benchè protetti ognor
da' Numi eterni, Che sotto l'ombra degli abeti ed orni, Tranquilli
aver dovrìan gli animi interni, Lettor, quei volti di vermiglio
adorni Di belle Ninfe, che talor discerni Molti pastor per vagheggiar
dappresso, Una scappata far sogliono spesso.
139
Ciò non fanno però senza permesso
Dei vergar, che gli stà con gli occhi addosso,
Se gli ha talor più di un favor concesso,
2 perchè puntual, d'onde si è mosso
Ritorna l'uno e l'altro, perchè anch'esso
Fù dallo stral di amore, punto e percosso, E quand'era pastor,
lui stesso il dice : In traccia andavo anch'io, di Clori e Nice.
140
Rammenta a Cajo di far ciò che lice, Quando gli armenti a pascolar
conduce. Che mosso non sia mai nella pendice Un sasso, che far possa
opera truce; A chi pasce del monte alla radice, Potrìa del
giorno intorbidar la luce, E che vigile ognor facci la posta, Col
suo Giordan se Licaon si accosta.
141
Nell'appressarsi agosto, a bella posta, Spedisce dei formaggi la provvista
In Roma al principal, con la proposta Dove le cose sue gli mette in
vista, Che nel monte, nel piano e nella costa, Di giorno in giorno
il territorio acquista Erbe novelle, onde gli armenti nostri Si fanno
grassi e tondi, in questi chiostri.
142
Nel foglio in ascoltar, coi neri inchiostri Ciò che la penna
dei vergar registri, Immaginar si può quanto dimostri Piacere,
il principal coi suoi ministri, Grata risposta ai domicilii vostri,
0 suonatori di zampogne e sistri, Giunge per man dei buttero al vergaro,
Lascio a voi giudicar, se l'abbia a caro.
143
Sia freddo o caldo, il ciel torbido o chiaro, Il tempo passa anche,
se l'aere è oscuro, Luglio, agosto, settembre, omai passaro,
Siamo in ottobre già mese più duro; A quest'e quel pastor
ben'anche avaro, Mancano i soldi, perchè spesi furo, Son costretti
lasciar l'amate gemme, E di nuovo tornar nelle Maremme.
144
Gli attempati che Son pieni di flemme, Vanno sull'asinel come Balamme,
Quelli di fresca età, mentr'io fò un emme Fan tre miglia
coi piè con nuove fiamme; A costoro, il vergar: figli conviemme
Annunciarvi il partir, Poichè le mamme Gonfie e turgide omai
si fanno all'agna Fà d'uopo ritornar nella campagna.
145
Di quei che seco riportò in montagna Benchè più
d'un per coltivar sua vigna, Per sempre a lato aver la sua compagna
Tutto l'estate nel paese alligna; Il vergar, non per fare un'opera
magna, Ma perch'ha grande il cor, alma benigna, Negar non sà
che sotto il suo comando Ritorni Benedetto, o Ferdinando.
146
Preparati i fagotti, ed allorquando Hanno dato l'addio coi cor giocondo
Alle famiglie lor, che lagrimando Restano, e pur non vanno all'altro
mondo; Partono, ed il vergaro organizzando Và le fermate, or
di una valle in fondo, Or sulla vetta di collina amena, Finchè
in tenuta, li conduce e mena.
147
Senza parzialità quì giunto appena, Comparte a' suoi
pastor come propina, Un formaggio che par la luna piena, Fatto di
già nella montagna alpina, Servir di companatico per cena Un
semestre potrìa, poichè divina E' la sua qualità,
che forse eguale Era quello ch'ha me promise un tale.
148
Pria di far altro, al piè com'avess'ale, Col volo di Mercurio
e le parole,
Senza punto indugiar, dal principale
Vanno di buon mattin col nuovo sole; Della venuta sua gli parla, quale
Lo stato sia di sua campestre prole,
Degli armenti ragiona, e rende aperti Quanti casi e disagi, hanno
sofferti.
149
Traversando boscaglie, antri e deserti, Monti, valli, sentieri obliqui
e torti, Alle pioggie, alla grandine scoperti, E pur la nota è
piccola dei morti, Ai lupi si impedì far dei sconcerti, Dai
vigili pastor mai sempre accorti, li numero cha me fu consegnato,
In tutto, è di un sol quindici, scemato.
150
Così dice il vergar, l'altr'agitato
Il cor non ha per aver ciò sentito,
Ch'in ogni modo il numero aumentato E' dalla quantità ch'ha
partorito; ,
Anzi è lieto nel cor fuor dell'usato,
,Perchè scorge le cose a buon partito, Opra dei suo vergar,
ch'avere il vanto Potria di stare, al sommo Giove accanto.
151
Alla greggia, ai pastor ritorno intanto,
Dovendo ben propor virgola e punto,
Se conoscer vi ho fatto, come e quanto Ci vuol, per sostener cotesto
assunto;
Non abborrite la mia Scala e il canto, Lettori, ora ch'al termine
son giunto,
Chi questa, pria non sà come si ascende, Saper fare il vergar,
in vari pretende.
152
Cari vergari, fra l' altre faccende Ho compita anche questa ancorchè
grande, Spero voglia approvarla chi comprende, Che la fama le porti
in altre bande; Il cantore che far non può merende, Nè
sotto li calzoni ha le mutande, Fino che stà del Tebro in sulle
sponde, Fategli almen passar ore gioconde.