IL CORNIOLO
L'albero raggiunge un'altezza di 7-8 m, ma assume spesso
portamento più basso, cespugliforme. I fiori, gialli, sbocciano in febbraio
- marzo prima che compaiono le foglie. I frutti sono abbastanza voluminosi,
lunghi circa 2 cm di colore rosso scuro, e maturano in settembre.
Le foglie sono opposte e acuminate e presentano 3-5 paia di nervature
incurvate verso l'apice da entrambi i lati. Il legno di questo albero
è assai apprezzato per la durezza e per la bellezza delle venature.
Etimologia:
il nome deriva dal greco kornus, corno, a ricordare la levigatezza del
legno e la sua resistenza.
HABITAT
Originario dell' Europa centrale e sud orientale, si trova
nelle radure e ai margini dei boschi di latifoglie sia in pianura sia
in media montagna. Vive bene in quasi tutti i terreni, ma preferisce
i terreni calcarei.
USI
Viene piantato nei giardini per la sua fioritura e i bei
frutti. Il legno, anche se di pezzatura ridotta, veniva utilizzato in
falegnameria per fabbricare piccoli oggetti casalinghi; con i frutti,
le "corniole", eduli, acidule, si possono preparare sciroppi e marmellate.
Il Cornus mas ha meritato la massima attenzione
sin dall’antichità, a partire dai tempi di Romolo e Remo.
Si dice, infatti, che il fondatore di Roma, per segnare il confine della
futura città, abbia usato un giavellotto di legno di corniolo lanciato
con grande teatralità verso il cielo. Del resto, allora fusto
e rami di questa pianta erano impiegati per realizzare gli attrezzi
agricoli che richiedono lunga durata e notevole robustezza: ruote, aratri,
erpici, doghe di botte, eccetera; anche oggi artigiani e scultori ricercano
il legno dei Cornus per piccole sculture, bastoni d’ombrello
o da passeggio, oggetti decorativi, scatole intarsiate e via di seguito. Non sono unicamente resistenza e durata le
qualità che fanno apprezzare il corniolo, ma anche la straordinaria
lucentezza del legno lavorato, che diventa liscio e setoso, arricchito
da sfumature e screziature ad anello o a nodo, che lo rendono simile
a una preziosa pietra dura o al corno levigato di un animale esotico.
L’utilizzazione delle bacche si basa
su ricette di tipo tradizionale, affidate a consuetudini locali; in
Gran Bretagna e in Russia, ad esempio, è quasi d’obbligo offrire selvaggina
e arrosto di maiale con gelatina di corniole o di ribes, del resto molto
simili nel colore e nel sapore. Tradizione a parte, è curioso
ricordare che una delle più antiche ricette a base di corniole, si riferisce
a una salsa celebrata da un tal Platina, letterato cremonese, storiografo
specializzatosi nella vita dei papi, ma che non disdegnò di occuparsi
di erbe medicinali e di buona cucina, esempio di un’attività divulgativa
a tutto campo, abbastanza insolita per quei tempi.
Le corniole in salamoia
sono una preparazione curiosa che trasforma questi frutti in insolite,
delicatissime «olive». Si procede in questo modo: si raccolgono le corniole
quando sono ancora un poco acerbe, si lavano, si asciugano e si mettono
in un liquido preparato con acqua e sale da cucina in notevole quan-tità. Per stabilire quando la salamoia ha raggiunto
il giusto grado di salinità, basta immergervi un uovo crudo; se galleggia,
il composto è pronto per accogliere le corniole che devono essere appena
coperte dal liquido. Aggiungere qualche foglia di alloro e un pizzico
di semi di finocchio; chiudere ermeticamente e lasciare in riposo in
luogo buio per un mese. Ogni volta che si tolgono le corniole dalla
salamoia per mangiarle, passarle più volte sotto l’acqua corrente.